Con la sentenza n. 22907 del 19.08.2024, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “ai fini della determinazione del minimale contributivo, il Giudice, fin dal primo grado e dunque anche in appello, deve esercitare il proprio potere-dovere di integrazione probatoria ex officio e acquisire il CCNL, individuato dalla parte onerata della prova, indispensabile a individuare la retribuzione parametro”.
Il fatto affrontato
La società propone opposizione giudiziale avverso l’avviso di addebito con cui l’INPS – a seguito dell’applicazione del c.d. minimale contributivo stabilito dal CCNL leader del settore – le aveva richiesto il pagamento della somma di € 666.042,24.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, stante che l’Istituto, al momento della costituzione in giudizio, non aveva prodotto il CCNL sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sulla cui base gli ispettori avevano proceduto ai rilievi.
La sentenza
La Cassazione – ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello – rileva preliminarmente che, nelle cause inerenti al mancato rispetto del c.d. minimale contributivo, l’indagine demandata al giudice è quella di verificare la sussistenza o meno del credito contributivo controverso e la fonte contrattuale rappresenta il documento che può dissipare il contrasto.
Per la sentenza, dunque, il giudice deve valutare l’idoneità risolutiva del CCNL rispetto ai fatti in discussione e non deve limitarsi ad un giudizio di tardività della relativa produzione.
Secondo la pronuncia, quindi, il giudice deve far ricorso all’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio, acquisendo agli atti il contratto collettivo individuato, anche qualora non sia prodotto dalle parti.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso dell’INPS, cassando con rinvio l’impugnata pronuncia.