Whistleblowing e diritto del lavoro. L’analisi della più recente giurisprudenza e prassi operativa

Sono numerosi gli intrecci tra diritto del lavoro e whistleblowing. La norma incoraggia il dipendente a denunciare irregolarità o reati commessi da colleghi o amministratori attraverso specifiche misure di protezione che vanno dall’anonimato alla protezione da eventuali ritorsioni datoriali.

Il dipendente che ha avuto notizie di illeciti può denunciarli alle autorità preposte senza timore di rappresaglie potenzialmente negative per la propria vita lavorativa: può contare su una tutela che rende nulli eventuali provvedimenti datoriali quali licenziamento, demansionamento o trasferimento, se applicati come conseguenza all’avvenuta denuncia.

Delineare l’ambito di operatività di queste tutele è l’obbiettivo della presente trattazione condotta partendo dalla ricostruzione dei princìpi cardine della discipline vigente, per poi passare all’approfondimento della giurisprudenza e della prassi operative.

Il tema resta di attualità ad un anno dal recepimento delle Direttiva UE n. 2019/1937 con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 24/2023.

     DIRETTIVA 23/10/2019, N. 2019/1937/UE
            Articolo 1 Scopo

Lo scopo della presente direttiva è rafforzare l’applicazione del diritto e delle politiche dell’Unione in specifici settori stabilendo norme minime comuni volte a garantire un elevato livello di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. 

      DECRETO LEGISLATIVO 10 MARZO 2023, N. 24

Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 ….., riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e ….. delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali.

Si tratta dello stesso scopo della previgente l. 179/2017 che, come precisato dal Presidente della Repubblica in occasione della relativa promulgazione, già era quello di “tutelare l’attività di segnalazione di condotte illecite attraverso la garanzia dell’anonimato, la protezione nei confronti di misure discriminatorie o ritorsive incidenti nell’ambito del rapporto di lavoro, nonché mediante la previsione di una giusta causa per quanto concerne la rivelazione di notizie coperte da determinati obblighi di segreto”.

Si tratta dell’“asse portante” anche della nuova disciplina del d.lgs. 24/2023 secondo le Linee Guida in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’unione e … delle disposizioni normative nazionali, adottate dall’ANAC con delibera n. 311 del 12 luglio 2023, p. 49)

Confindustria, Nuova disciplina “whistleblowing” – Guida Operativa per gli enti privati – Ottobre 2023 (p. 23)

“6. Tutela del segnalante e dei soggetti a esso assimilati

Uno dei principali cardini della disciplina del whistleblowing è rappresentato dalle tutele riconosciute al segnalante per le segnalazioni effettuate nel rispetto della disciplina.
In particolare, il Decreto si preoccupa di proteggere il segnalante con:

  • l’obbligo di riservatezza della sua identità;
  •  il divieto di atti ritorsivi nei suoi confronti;
  • la limitazione della sua responsabilità per la rivelazione o diffusione di alcune tipologie di informazioni protette.

     
       DECRETO LEGISLATIVO 10/03/2023, N. 24

 

Art. 1. Ambito di applicazione oggettivo 

  1. Il presente decreto disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.

 

Art. 2. Definizioni

1.Ai fini del presente decreto, si intendono per:

…….
i) «contesto lavorativo»: le attività lavorative o professionali, presenti o passate, svolte nell’ambito dei rapporti di cui all’articolo 3, commi 3 o 4, attraverso le quali, indipendentemente dalla natura di tali attività, una persona acquisisce informazioni sulle violazioni e nel cui ambito potrebbe rischiare di subire ritorsioni in caso di segnalazione o di divulgazione pubblica o di denuncia all’autorità giudiziaria o contabile; 

“2.1.2 L’attinenza con il contesto lavorativo del segnalante o denunciante – Le informazioni sulle violazioni devono essere apprese nel contesto lavorativo del segnalante, del denunciante o di chi divulga pubblicamente ….. L’accezione da attribuire al “contesto lavorativo” deve necessariamente essere ampia e considerarsi non solo con riguardo a chi ha un rapporto di lavoro “in senso stretto” con l’organizzazione del settore pubblico o privato …. anche coloro che hanno instaurato con i soggetti pubblici e privati altri tipi di rapporti giuridici.

Infine, possono essere segnalati i fatti appresi in virtù dell’ufficio rivestito ma anche notizie acquisite in occasione e/o a causa dello svolgimento delle mansioni lavorative, sia pure in modo casuale.” (Linee Guida ANAC cit. p. 32)

“In riferimento all’oggetto, la formula riferita al contesto di acquisizione della notizia (“di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro”) esprime che il fatto oggetto di segnalazione possa riguardare – a fini di tutela del dipendente – solo informazioni acquisite nell’ambiente lavorativo.” (così, da ultimo, Cass. Civ., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715)

   Art. 1. Ambito di applicazione oggettivo

2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano:

a) alle contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile che attengono esclusivamente ai propri rapporti individuali di lavoro o di impiego pubblico, ovvero inerenti ai propri rapporti di lavoro o di impiego pubblico con le figure gerarchicamente sovraordinate;

“(es. vertenze di lavoro, discriminazioni, conflitti interpersonali tra colleghi, segnalazioni su trattamenti di dati effettuati nel contesto del rapporto individuale di lavoro in assenza di una lesione dell’interesse pubblico o dell’integrità dell’ente privato o dell’amministrazione pubblica)” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 7)

“La limitazione … appare fondamentale … per evitare un uso distorto dello strumento per finalità egoistiche o abusive del segnalante.” (Assonime, Circolare n. 12 del 18/4/2023, La nuova disciplina del whistleblowing)

A proposito, in giurisprudenza, cfr., per tutte, Cass. Civ., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715, per cui “non si è in presenza di una segnalazione ex art. 54-bis, D.Lgs. 165/2001, scriminante, allorquando il segnalante agisca per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori (in tal senso vi è anche giurisprudenza amministrativa: v. da ultimo Consiglio di Stato sez. II, 17/07/2023, n. 7002 ; T.A.R. Roma, Lazio, sez. I, 07/01/2023, n. 236; T.A.R. Napoli, Campania, sez. VI, 06/02/2020, n. 580: “L’B.B. del whistleblowing non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Questo tipo di conflitti infatti sono disciplinati da altre norme e da altre procedure. Le circolari emanate in materia hanno, inoltre, chiarito che le segnalazioni non possono riguardare lamentele di carattere personale del segnalante o richieste che attengono alla disciplina del rapporto di lavoro o ai rapporti con superiori gerarchici o colleghi, disciplinate da altre procedure”)”.

Sicché, “è legittimo il licenziamento del dipendente che presenti una denuncia querela contro la società non per rimuovere una situazione di illegalità …. ma con la volontà di danneggiare il datore di lavoro per vendicarsi del mancato riconoscimento delle proprie rivendicazioni.” (Cass. Civ., Sez. Lav., 11/10/2022, n. 29.526 ; conformi Cons. Stato, Sez. VI, 2/1/2020, n. 28 e, da ultimo, Cass. Civ., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715, con riferimento ad un caso in cui “l’intento della segnalazione … non sembrava quello di agire a tutela della p.a. e per il suo interesse … bensì, in ultima analisi, quello di portare nei luoghi di lavoro discredito al collega …”). A proposito cfr. ancheusCass. civ., Sez. lav., 16/01/2024, n. 1686. Peraltro, “I motivi che hanno indotto la persona a segnalare … sono irrilevanti ai fini della trattazione della segnalazione e della protezione da misure ritorsive” (Linee Guida ANAC p. 32, art. 16, comma 2, infra). Quindi, “non è necessario che i motivi dell’agire del segnalante siano disinteressati”, sicché le tutele del whistleblower “si applicano anche quando l’interesse all’integrità [dell’ente] coincide o si accompagna con l’interesse privato del segnalante.” (TAR Lazio Roma, Sez. I-quater, 7/1/2023, nn. 235 e 236).

“La normativa di tutela del dipendente che segnali illeciti altrui (c.d. whistleblowing) salvaguardia il medesimo dalle sanzioni che potrebbero conseguire a suo carico secondo le norme disciplinari o da reazioni ritorsive dirette ed indirette conseguenti alla sua denuncia, ma non istituisce un’esimente per gli autonomi illeciti che egli, da solo o in concorso con altri responsabili, abbia commesso, potendosi al più valutare il ravvedimento operoso o la collaborazione al fine di consentire gli opportuni accertamenti nel contesto dell’apprezzamento, sotto il profilo soggettivo, della proporzionalità della sanzione da irrogarsi nei confronti del medesimo.” (così, da ultimo, Cass., Sez. lav., 31/03/2023, n. 9148).

“Le contestazioni escluse in quanto legate a un interesse personale del segnalante non sono, pertanto, considerate segnalazioni whistleblowing e, quindi, potranno essere trattate come segnalazioni ordinarie, laddove previsto.” (CONFINDUSTRIA, Guida Operativa cit., p. 8)

Art. 16. Condizioni per la protezione della persona segnalante

2. I motivi che hanno indotto la persona a segnalare o denunciare o divulgare pubblicamente sono irrilevanti ai fini della sua protezione. 

A proposito cfr. già TAR Lazio Roma, Sez. I-quater, 7/1/2023, nn. 235 e 236 per le quali “non è necessario che i motivi dell’agire del segnalante siano disinteressati”, sicché le tutele del whistleblower “si applicano anche quando l’interesse all’integrità [dell’ente] coincide o si accompagna con l’interesse privato del segnalante.”

Art. 1. Ambito di applicazione oggettivo

4. …… Resta altresì ferma l’applicazione delle disposizioni in materia di esercizio del diritto dei lavoratori di consultare i propri rappresentanti o i sindacati, di protezione contro le condotte o gli atti illeciti posti in essere in ragione di tali consultazioni, di autonomia delle parti sociali e del loro diritto di stipulare accordi collettivi, nonché di repressione delle condotte antisindacali di cui all’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. 

Perciò, se “un collega che riveste anche la qualifica di sindacalista …. assiste il segnalante utilizzando la sigla sindacale, lo stesso non riveste il ruolo di facilitatore. In tal caso resta ferma l’applicazione delle disposizioni in tema di consultazione dei rappresentanti sindacali e di repressione delle condotte antisindacali di cui alla l. n. 300/1970.” (Linee Guida ANAC cit., p. 21)

“1.1 Ambito [di applicazione] soggettivo …: i destinatari [datori di lavoro/committenti] della nuova disciplina (artt. 2 e 3) [del d.lgs. 24/2023] 


I destinatari della nuova disciplina sono sia i soggetti pubblici che privati.

I soggetti del settore pubblico sono le amministrazioni pubbliche, le autorità amministrative indipendenti, gli enti pubblici economici, i concessionari di pubblico servizio, le imprese a controllo pubblico e le imprese in house, anche se quotate.

I soggetti del settore privato sono quelli che:

a) hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;

b) rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I.B e II dell’Allegato al Decreto (che ripropone l’Allegato alla Direttiva UE), anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori subordinati. Si tratta dei settori dei servizi, prodotti e mercati finanziari,  prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, nonché della sicurezza dei trasporti;

c)  sono diversi dai soggetti di cui al numero b), sono dotati di un modello di organizzazione e gestione 231, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di 50 lavoratori subordinati.” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 8; cfr. anche Linee Guida ANAC, p. 14 ss.) 

“Difetta, …., un criterio chiaro di computo dei lavoratori a tempo determinato ai fini del raggiungimento delle soglie rilevanti di cui al d.lgs. 24/2023; potrebbe essere utile fare riferimento ai criteri generali di cui all’art. 27, d.lgs. 81/2015, per quanto l’arco temporale contemplato dalle due discipline sia diverso.” (AODV231, Osservazioni interlocutorie in merito allo Schema di Linee guida ….., posto in consultazione da ANAC)

“Ai fini del calcolo della media dei lavoratori impiegati negli enti del settore privato deve farsi riferimento al valore medio degli addetti (Elaborazione dati INPS) al 31/12 dell’anno solare precedente a quello in corso, contenuto nelle visure camerali. Quando l’impresa è di nuova costituzione, considerato che il dato in questione viene aggiornato trimestralmente, va preso come riferimento il valore medio calcolato nell’ultima visura.” (Linee Guida ANAC cit., p. 17).

“Il richiamo alle visure camerali dovrebbe, stando ad alcune verifiche effettuate, comportare il computo “per teste” e cioè del numero complessivo di addetti, a prescindere dalla effettiva durata dei singoli rapporti di lavoro. Tuttavia, al riguardo, come più volte ribadito da Confindustria, ai fini del computo dei lavoratori, si dovrebbe fare, invece, riferimento al dettato dell’art. 27 del D. lgs. n. 81/2015. ….. Pertanto, l’auspicio di Confindustria è che la prassi interpretativa si adegui prima possibile a questo sostrato normativo, consentendo di calcolare la media dei lavoratori in termini di “ULA” (unità lavorativa annua), ossia tenendo conto della effettiva durata di ciascun rapporto …” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 5 s.)

“Il legislatore riconosce ai soggetti del settore pubblico la possibilità di segnalare ogni tipologia di violazione attraverso tutti i canali attivabili. I soggetti del settore privato dispongono, invece, di poteri e di canali di segnalazione più limitati rispetto ai soggetti del settore pubblico. Il decreto, inoltre, differenzia il possibile oggetto di segnalazione in relazione alle caratteristiche dei diversi soggetti privati.
Ne risulta un quadro eterogeneo in termini di possibilità, sia sotto il profilo dell’oggetto delle segnalazioni che sotto il profilo dei canali di cui i soggetti tutelati dispongono per segnalare, divulgare e denunciare. È fondamentale, pertanto, che tali soggetti operino nel pieno rispetto dei presupposti individuati dal legislatore e che gli enti mettano a disposizione dei potenziali segnalanti chiare informazioni al riguardo.
Nell’ottica di consentire …. una più immediata comprensione di tali presupposti, nella tabella che segue viene indicato ciò che i soggetti … del settore privato possono segnalare e con quali canali. (Linee Guida ANAC, p. 46 ss.)

Art. 3. Ambito di applicazione soggettivo
[destinatari lavoratori/collaboratori]

3.….., le disposizioni del presente decreto si applicano alle seguenti persone che segnalano, ….. o divulgano .…..

a) i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ……;

b) i dipendenti degli enti pubblici economici, degli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico ….., delle società in house, degli organismi di diritto pubblico o dei concessionari di pubblico servizio;

c) i lavoratori subordinati di soggetti del settore privato, ivi compresi i lavoratori il cui rapporto di lavoro è disciplinato dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, o dall’articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 [«prestazioni di lavoro occasionali»];

d) i lavoratori autonomi, ivi compresi quelli indicati al capo I della legge 22 maggio 2017, n. 81 [quindi «esclusi ….. gli imprenditori, ivi compresi i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del codice civile»], nonché i titolari di un rapporto di collaborazione di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile [«rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato»] e all’articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015 [«Collaborazioni organizzate dal committente»], che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;

e) i lavoratori o i collaboratori, che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti …….  che forniscono beni o servizi o che realizzano opere in favore di terzi;

f) i liberi professionisti e i consulenti ………; 

g) i volontari e i tirocinanti, retribuiti e non retribuiti, …….;

h) gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, ……. 

      “… le segnalazioni possono essere effettuate anche da coloro che hanno instaurato con i soggetti pubblici e privati altri tipi di rapporti giuridici diversi da                                                   quelli di lavoro in senso stretto. Ci si riferisce, fra l’altro, ai consulenti, collaboratori, volontari, tirocinanti, azionisti degli stessi soggetti pubblici e privati                                                         ove assumano la forma societaria e alle persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza.” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 8 s.)

 

4. La tutela delle persone segnalanti di cui al comma 3 si applica anche qualora la segnalazione, la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o la divulgazione pubblica di informazioni avvenga nei seguenti casi: a) quando il rapporto giuridico di cui al comma 3 non è ancora iniziato, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali; b) durante il periodo di prova; c) successivamente allo scioglimento del rapporto giuridico se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto stesso.

“Pertanto, a rilevare è l’esistenza di una relazione qualificata tra il segnalante e il soggetto pubblico o privato nel quale il primo opera, relazione che riguarda attività lavorative o professionali presenti o anche passate.” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 9)

5. ….., le misure di protezione di cui al capo III, si applicano anche:

a) ai facilitatori;
b) alle persone del medesimo contesto lavorativo della persona segnalante, …. e che sono legate ad essi da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado;
c) ai colleghi di lavoro della persona segnalante ….., che lavorano nel medesimo contesto lavorativo della stessa e che hanno con detta persona un rapporto abituale e corrente;
d) agli enti di proprietà della persona segnalante … o per i quali le stesse persone lavorano, nonché agli enti che operano nel medesimo contesto lavorativo ….

“Si tratta di una categoria nuova, fino ad ora non contemplata dalla legislazione italiana, riferita a soggetti che non sono direttamente whistleblowers, la cui definizione in concreto può dar luogo a qualche incertezza interpretativa e ad alcune criticità. Tali soggetti sembrano godere di una tutela minore rispetto ai whistleblowers, non sul piano sostanziale, …, ma sul piano processuale … l’inversione dell’onere probatorio [dell’art. 17], non sembra … poter essere estesa questa diverse categorie di soggetti meritevoli di protezione, ma non qualificabili come segnalanti” (Assonime, Circolare n. 12 del 18/4/2023, La nuova disciplina del whistleblowing)

Le “… misure di protezione, con alcune eccezioni …, si applicano non solo al soggetto segnalante ma anche ad altri soggetti che potrebbero essere destinatari di ritorsioni, in ragione del ruolo assunto o della particolare vicinanza o rapporto con il segnalante. …. Per la corretta individuazione di tali soggetti, …., sarebbe opportuno, nell’ambito del processo di istruttoria della segnalazione, prevedere la richiesta al segnalante di indicare esplicitamente l’esistenza di tali soggetti, dimostrando la sussistenza dei relativi presupposti.” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 23)

Art. 4. Canali di segnalazione interna

1. I soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015, attivano, ….., propri canali di segnalazione …… 

“Il tenore letterale della norma porta a ritenere che il coinvolgimento del sindacato da parte dell’impresa abbia un carattere meramente informativo.

Le LG ANAC, nel breve richiamo a questa previsione, individuano la finalità della norma, nella necessità di acquisire eventuali osservazioni sviluppate dal sindacato in conseguenza dell’informativa sull’implementazione del canale interno di whistleblowing. ….

Per quanto riguarda l’individuazione del sindacato destinatario dell’informativa da parte dell’impresa, in ragione proprio del richiamo all’art. 51 del D.lgs. n. 81/2015, si ritiene che, ove in azienda esistano rappresentanze sindacali aziendali oppure una rappresentanza sindacale unitaria, l’adempimento vada compiuto verso di queste; mentre, nel caso di imprese prive di tali rappresentanze, dovranno essere informate le corrispondenti organizzazioni territoriali delle associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale.

Nei casi di imprese con più unità produttive e, dunque, nel caso di una pluralità di RSU ovvero di unità produttive con RSU ed altre prive, …, è consigliabile suggerire, d’accordo con le organizzazioni sindacali (OO.SS.) del livello più appropriato, una forma di coordinamento delle rappresentanze per facilitare e razionalizzare gli adempimenti informativi. In particolare, potrebbe essere utile indirizzare l’informativa a tutte le RSU presenti e poi, ove questa ne facciano richiesta per il tramite del coordinamento, programmare un unico incontro, eventualmente anche con modalità informatiche.

Con riferimento al contenuto dell’informativa, alla luce della citata ratio della norma, si ritiene opportuno che l’impresa fornisca sindacato una descrizione del canale, almeno negli elementi essenziali che lo caratterizzano ….

Si ritiene che tale informativa debba intervenire prima della delibera di approvazione dell’atto organizzativo, ….. Inoltre, si ritiene utile che l’ente indichi alle rappresentanze sindacali un congruo termine per trasmettere eventuali osservazioni, manifestando la disponibilità a un eventuale confronto diretto, …. In ogni caso, la disciplina del canale interno e la sua implementazione restano nella piena autonomia decisionale e organizzativa dell’ente.” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 13)

Art. 6. Condizioni per l’effettuazione della segnalazione esterna

1. La persona segnalante può effettuare una segnalazione esterna se, al momento della sua presentazione, ricorre una delle seguenti condizioni:

a) non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto previsto dall’articolo 4;

b) la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna ai sensi dell’articolo 4 e la stessa non ha avuto seguito;

c) la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, …. [essa] possa determinare il rischio di ritorsione;

“La segnalazione esterna è ammessa anche quando vi siano fondati motivi per ritenere che la segnalazione potrebbe determinare il rischio di ritorsione, come ad esempio quando si siano già verificate … eventi analoghi nell’ente. In ogni caso, i fondati motivi …… devono essere fondati sulla base di circostanze concrete che devono essere allegate alla segnalazione e su informazioni effettivamente acquisibili.” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 36 s.)

“Pur non essendo previsto espressamente un ordine di priorità tra le diverse procedure, il decreto fissa condizioni determinate per accedere alla procedura esterna e ancor più rigorosa per la divulgazione pubblica … Nella logica del decreto il canale di segnalazione privilegiato è il canale di segnalazione interno” (Assonime, Circolare n. 12/2023 cit.)

Art. 12. Obbligo di riservatezza

……………………


2. L’identità della persona segnalante e qualsiasi altra informazione da cui può evincersi, direttamente o indirettamente, tale identità non possono essere rivelate, senza il consenso espresso della stessa persona segnalante, a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni ……… 

Occorre innanzitutto distinguere la “riservatezza dell’identità del segnalante” dal suo “anonimato” vero e proprio (in ragione della “scelta del segnalante di non fornire le proprie generalità al momento della segnalazione”, L. Valli, Segnalazione di illeciti e anonimato, in Lavoro Diritti Europa 2020/3)

In effetti, nel perimetro applicativo della disciplina del whistleblowing “l’anonimato del denunciante … in realtà, è solo riserbo sulle generalità” (Cass. Pen., Sez. VI, 31/01/2018, n. 9041 e id., 31/01/2018, n. 9047), dato che “per garantire al denunciante una tutela adeguata, anche in termini di riservatezza dell’identità, è necessario che esso sia riconoscibile” (Confindustria, Linee guida per la costruzione dei modelli … cit., p. 60. Nello stesso senso, in giurisprudenza, Cons. Giust. Amm. Reg. Sicilia, 17/05/2021, n. 1009 e T.A.R. Lazio, Sez. II, 13/07/2022, n. 10.400), sicché “la disciplina [del whistleblowing] non si applica, per definizione, alle segnalazioni anonime …” (Assonime, Circolare n. 12 del 18 aprile 2023, La nuova disciplina del Whistleblowing, p. 17). In generale, sulla “protezione dell’anonimato del segnalante, in una prospettiva palesemente incentivante …” cfr. da ultimo, Cass. Civ., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715.

5. Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità della persona segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità della persona segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza del consenso espresso della persona segnalante alla rivelazione della propria identità. 

Cfr. già TAR Lazio, Sez. II, 21/07/2022, n. 10.400, per cui, in particolare: “la costruzione della norma porta a distinguere le tre seguenti ipotesi:

a) se la segnalazione abbia prodotto accertamenti distinti ed ulteriori, sui quali è basata la contestazione dell’addebito, l’identità del segnalante non può essere rivelata;

b) se la contestazione è basata in tutto o in parte sulla stessa segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante non è indispensabile per la difesa dell’incolpato, l’identità del segnalante non può essere rivelata.

c) se la contestazione è basata in tutto o in parte sulla stessa segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante è indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione è utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo con il consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.

Pertanto, detto in altri termini, se la segnalazione ha costituito la mera occasione per lo svolgimento degli accertamenti disciplinari, la conoscenza dell’identità del segnalante non deve essere rivelata, in quanto si presume non essere indispensabile per la difesa dell’incolpato (cfr. lettera a) che precede).

Se invece la segnalazione ha costituito il fatto in tutto o in parte a base del procedimento disciplinare, occorre distinguere:

– la fattispecie in cui la conoscenza del segnalante non è indispensabile per la difesa dell’incolpato, nel qual caso l’identità del segnalante non può essere rivelata (cfr. lettera b) che precede);

– dalla fattispecie in cui la conoscenza del segnalante è indispensabile per la difesa dell’incolpato (cfr. lettera c) che precede), nel qual caso l’identità può essere rivelata con il solo consenso del segnalante, oppure non può essere utilizzata ai fini disciplinari e, in tale ultima ipotesi, ove fosse egualmente utilizzata senza la rivelazione dell’identità del segnalante, si sarebbe in presenza di un vizio del provvedimento disciplinare conclusivo del procedimento.” (in tema di “limita[zione del]la rivelazione dell’identità ai soli casi di indispensabilità per la difesa dell’incolpato” cfr. da ultimo, Cass. Civ., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715)

“Qualora il soggetto segnalante neghi il proprio consenso, la segnalazione non potrà essere utilizzata nel procedimento disciplinare che, quindi, non potrà essere avviato o proseguito in assenza di elementi ulteriori sui quali fondare la contestazione. Resta ferma in ogni caso, sussistendone i presupposti, la facoltà dell’ente di procedere con la denuncia all’Autorità giudiziaria.” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 24)

“Ove [la segnalazione] fosse ugualmente utilizzata senza la rivelazione dell’identità del segnalante, si sarebbe in presenza di un vizio del provvedimento disciplinare conclusivo del procedimento.” (TAR Lazio, Sez. II, 13/7/2022, n. 10.400)

Il “riserbo sulle generalità – salvo … consenso dell’interessato alla loro divulgazione – opera unicamente in ambito disciplinare, … in caso di utilizzo della segnalazione in ambito penale, non vi è alcuno spazio per l’anonimato – rectius: per il riserbo sulle generalità …” (Cass. Pen., Sez. VI, 31/01/2018, n. 9041 e id., 31/01/2018, n. 9047)


6. È dato avviso alla persona segnalante mediante comunicazione scritta delle ragioni della rivelazione dei dati riservati, nella ipotesi di cui al comma 5, secondo periodo, …….. 

“La normativa non riconosce però al segnalato il diritto di essere sempre informato della segnalazione che lo riguarda; tale diritto, infatti, è garantito nell’ambito del procedimento eventualmente avviato nei suoi confronti a seguito della conclusione dell’attività di verifica e di analisi della segnalazione e nel caso in cui tale procedimento sia fondato in tutto o in parte sulla segnalazione.” (Linee Guida ANAC, p. 56)

7. I soggetti del settore pubblico e del settore privato, ….., tutelano l’identità delle persone coinvolte e delle persone menzionate nella segnalazione fino alla conclusione dei procedimenti avviati in ragione della segnalazione …………………9. ………, nelle procedure di segnalazione interna ed esterna di cui al presente capo, la persona coinvolta può essere sentita, ovvero, su sua richiesta, è sentita, anche mediante procedimento cartolare attraverso l’acquisizione di osservazioni scritte e documenti. 

“In generale, si può rilevare che il complessivo regime introdotto dedica minore attenzione alla posizione del segnalato …” (Assonime, Circolare n. 12/2023, cit.)

Art. 13. Trattamento dei dati personali

………………..

3. I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del regolamento (UE) 2016/679 possono essere esercitati nei limiti di quanto previsto dall’articolo 2-undecies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. 

Art. 2-undecies (Limitazioni ai diritti dell’interessato)

1. I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento non possono essere esercitati con richiesta al titolare del trattamento ovvero con reclamo ai sensi dell’articolo 77 del Regolamento qualora dall’esercizio di tali diritti possa derivare un pregiudizio effettivo e concreto: e) allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria; f) alla riservatezza dell’identità della persona che segnala violazioni di cui sia venuta a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro o delle funzioni svolte, ai sensi del decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 … [lettera f) così sostituita dal comma 4 dell’art. 24 del d.lgs. 24/2023, recante “Disposizioni transitorie e di coordinamento”]  

“… l’esigenza di mantenere riservata l’identità del segnalante può comportare limitazioni alla richiesta di un terzo interessato, ad esempio, di accedere ai dati personali che lo riguardano e che sono menzionati nella segnalazione.” (Assonime, Circolare n. 12/2023 cit.)

Art. 14. Conservazione della documentazione inerente alle segnalazioni

1. Le segnalazioni, ……, e la relativa documentazione sono conservate per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e comunque non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione, nel rispetto degli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 12 del presente decreto e del principio di cui agli articoli 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (UE) 2016/679 [principio di «limitazione della conservazione»] …..

“La disposizione in commento ….. apparentemente … [non] considera … l’ipotesi che la conclusione della procedura di segnalazione sia seguita da un procedimento giudiziario o disciplinare. Ipotesi, invece, già opportunamente considerata dal Parere 1/2006 del Gruppo Articolo 29, prevedendo che “Tale termine sarebbe diverso in caso di azione giudiziaria o disciplinare nei confronti del denunciato o del denunciante che avesse reso dichiarazioni false o diffamatorie. I dati personali dovrebbero allora essere conservati fino a conclusione del procedimento ed allo spirare dei termini per proporre impugnazione …”2 . Si suggerisce, quindi, di integrare la disposizione in commento prevedendo specificamente il caso sottolineato nella citazione precedente e disciplinandolo in termini analoghi a quelli del Parere 1/06.”

Occorre considerare anche che per la giurisprudenza giuslavoristica più recente “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92 del 2012 e del D.Lgs. n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della L. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro. Conseguentemente la prescrizione dei crediti lavorativi decorre dalla conclusione del rapporto di lavoro anche per quei rapporti in cui trova applicazione l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.” (Cass. civ., Sez. Lav., 06/09/2022, n. 26246) [conforme, da ultimo, Cass. Sez. Lav., 08/01/2024, n. 597]” (AODV231, Osservazioni allo “Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 …”)

Art. 15. Divulgazioni pubbliche

1. La persona segnalante che effettua una divulgazione pubblica beneficia della protezione prevista dal presente decreto se, al momento della divulgazione pubblica, ricorre una delle seguenti condizioni:
………
c) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, come quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l’autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa. 

“… l’ultima condizione sembrerebbe rimettere al segnalante un elevato margine di discrezionalità … con il rischio di … un uso abusivo. Per tali ragioni, in sede di approvazione finale del decreto si è scelto di indicare a titolo esemplificativo alcuni comportamenti … idonei a circoscrivere l’ambito di applicazione di tale strumento ad ipotesi del tutto eccezionali …” (Assonime, Circolare n. 12/2023, cit.)

Art. 2. Definizioni

1. Ai fini del presente decreto, si intendono per:

f) «divulgazione pubblica» o «divulgare pubblicamente»: rendere di pubblico dominio informazioni sulle violazioni tramite la stampa o mezzi elettronici o comunque tramite mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone; 

In generale, si tratta di una facoltà talvolta già riconosciuta dalla giurisprudenza giuslavoristica, a determinate condizioni: cfr. Corte d’Appello Milano, Sez. Lav., 16/11/2021, n. 1332 in Guida al Lavoro, 2022, 16, pp. 75 ss.; Trib. Milano, Sez. Lav., 10/05/2021, in banca dati DeJure; nella giurisprudenza comunitaria cfr. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Sez. III, 14/02/2023, Halet c. Lussemburgo.

In particolare, “…. desta forte preoccupazione l’indicazione per cui la divulgazione pubblica possa avvenire attraverso i social network, attesa l’assenza, in tali contesti mediatici, dei presidi normativi di tutela e dei sistemi controllo sui contenuti che invece si applicano ai media tradizionali.” (AODV231, Osservazioni interlocutorie in merito allo Schema di Linee guida ….., posto in consultazione da ANAC)

Per un quadro della giurisprudenza in materia de “le critiche [del lavoratore] sui social network” ed “espresse via chat”, cfr. https://www.lavorosi.it/rapporti-di-lavoro/licenziamenti-individuali/il-diritto-di-critica-del-lavoratore-la-posizione-assunta-negli-anni-dalla-giurisprudenza/

Successivamente, Cass. pen., Sez. V, 07/03/2022, n. 17784, per cui “Non integra il reato di diffamazione a mezzo stampa, costituendo legittimo esercizio del diritto di critica sindacale, la pubblicazione di articoli su Facebook contenenti invettive volte a stigmatizzare gli atteggiamenti e la complessiva condotta di sfruttamento dei lavoratori del datore di lavoro.”;

Cass. civ., Sez. I, 16/05/2023, n. 13.411 per cui “… il “post” in “twitter” non esime l’autore dal necessario rispetto della continenza espressiva, in quanto non può concretizzare una manifestazione del pensiero irresponsabile sol perché veicolata tramite il mezzo prescelto.”; nonché, da ultimo, Cass., Sez. Lav., 17/05/2024, n. 13.764, che ha riconosciuto la legittimità del licenziamento per giusta causa di un lavoratore che aveva pubblicato su Facebook un post denigratorio del datore di lavoro e id., 27/06/2024, n. 17.715, che ha riconosciuto la legittimità del licenziamento per giusta causa di una lavoratrice che aveva pubblicato su Facebook un post denigratorio di un collega.

Cfr. anche Cass. Pen., Sez. V, 24/03/2023, n. 12.520, riguardo ad una ipotesi di diffamazione on-line mediante pubblicazione di un video su YouTube; Cass. Civ., Sez. III, 04/03/2024, n. 5701, riguardo ad una ipotesi di diffamazione on-line mediante pubblicazione di un post su Facebook.

Art. 16. Condizioni per la protezione della persona segnalante

1. Le misure di protezione previste nel presente capo si applicano alle persone di cui all’articolo 3 quando ricorrono le seguenti condizioni:

a) al momento della segnalazione o della denuncia …. o della divulgazione …, la persona segnalante o denunciante aveva fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate, divulgate …. o denunciate fossero vere e rientrassero nell’ambito oggettivo di cui all’articolo 1;

b) la segnalazione o divulgazione pubblica è stata effettuata sulla base di quanto previsto dal capo II.

2. I motivi che hanno indotto la persona a segnalare o denunciare o divulgare pubblicamente sono irrilevanti ai fini della sua protezione.

“4.2.2 Le condizioni per l’applicazione della tutela dalle ritorsioni

1) Il soggetto ha segnalato, …. in base ad una convinzione ragionevole che le informazioni sulle violazioni segnalate, …., siano veritiere (anche riportando fatti inesatti per via di un errore genuino) e rientranti nell’ambito oggettivo di applicazione del decreto (….sulla base di circostanze concrete allegate ed informazioni effettivamente acquisibili tali da far ritenere ragionevolmente che le informazioni sulle violazioni segnalate siano pertinenti in quanto rientranti fra gli illeciti considerati dal legislatore)

2) La segnalazione … è stata effettuata nel rispetto della disciplina prevista dal d.lgs. 24/2023. … utilizzando i canali e secondo le modalità previste dal decreto

3) È necessario un rapporto di consequenzialità tra segnalazione, divulgazione e denuncia effettuata e le misure ritorsive subite.

4) Non sono sufficienti invece i meri sospetti o le “voci di corridoio”.

Non rilevano la certezza dei fatti né i motivi personali che hanno indotto il soggetto a segnalare, a denunciare o effettuare la divulgazione pubblica.

In difetto di tali condizioni

  • le segnalazioni, … non rientrano nell’ambito della disciplina di whistleblowing e quindi la tutela prevista non si applica a chi segnala, …;
  • analogamente si esclude la protezione riconosciuta ai soggetti diversi, che in ragione del ruolo assunto nell’ambito del processo di segnalazione …., subiscono indirettamente ritorsioni.” (Linee Guida ANAC, p. 65; cfr. anche Confindustria, Guida Operativa cit., p. 25)

“Una condotta di strumentalizzazione della denuncia [nella fattispecie per l’effettuazione della denuncia nella consapevolezza della non veridicità di quanto denunciato] è atta ad integrare una violazione del dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c. perché contraria ai doveri derivanti dall’inserimento del lavoratore nell’organizzazione imprenditoriale e comunque idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario …” (Cass., Sez. Lav., 06/11/2023, n. 30.866);

“È legittimo il licenziamento disciplinare intimato al lavoratore che invia ad alcuni soggetti istituzionali …., una memoria contenente la denunzia di condotte illecite da parte dell’amministrazione di appartenenza palesemente priva di fondamento, …, non potendosi peraltro configurare nella specie le condizioni per l’applicabilità della disciplina del c.d. «whistleblowing» …” (Cass., Sez. Lav., 24/01/2017, n. 1752; conforme, da ultimo, Cass. Sez. Lav., 13 marzo 2023, n. 7225; cfr. anche Cass., Sez. Lav., 23 marzo 2018, n. 7295)

Sul rilievo dell’“uso improprio dell’istituto [tra l’altro] per … non aver neppure seguito la procedura prevista” dal datore di lavoro in applicazione della disciplina del whistleblowing. ed avere invece proceduto alla “pubblicazione su Facebook, … integrando una modalità di denuncia eccedente quelle previste dall’art. 54 bis, d.lgs. n. 165/2001 …” cfr. da ultimo, Cass. Civ., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715

Sulla necessità di un rapporto di consequenzialità tra segnalazioni e misure ritorsive, cfr. da ultimo ancora Cass. Civ., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715, per cui è “legittimo il licenziamento  per … [un] comportamento [del lavoratore laddove manchi “ogni collegamento causale tra lo stesso [licenziamento] e la segnalazione ai sensi [della disciplina del whistleblowing]”.

Art. 16. Condizioni per la protezione della persona segnalante

3. ….., quando è accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, le tutele di cui al presente capo non sono garantite e alla persona segnalante o denunciante è irrogata una sanzione disciplinare. 

“Si evidenzia che esistono dei casi in cui il segnalante perde la protezione: i) qualora sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia o nel caso in cui tali reati siano commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile; ii) in caso di responsabilità civile per lo stesso titolo per dolo o colpa grave. In entrambe le ipotesi alla persona segnalante o denunciante verrà irrogata una sanzione disciplinare.

Al riguardo, l’ANAC ha specificato che la tutela, ancorché tardiva, va applicata anche in caso di sentenza di primo grado non confermata nei successivi gradi di giudizio, nei casi di archiviazione, nonché nei casi di accertata colpa lieve.” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 26)

“Nei casi di accertamento delle dette responsabilità, al soggetto segnalante e denunciante è inoltre applicata una sanzione disciplinare. È necessario quindi che gli enti del settore pubblico o privato inseriscano nei codici di comportamento o nel MOG 231 questa specifica fattispecie sanzionabile.” (Linee Guida ANAC, p. 66)

Per un caso giurisprudenziale di denuncia “nei confronti del Comandante e di altri colleghi” risultata calunniosa con l’archiviazione del “procedimento penale” conseguente alla denuncia di una lavoratrice, conseguentemente licenziata, cfr., da ultimo, Cass. Sez. Lav., 13 marzo 2023, n. 7225, che ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il carattere ritorsivo di tale licenziamento.

“Art. 16, co. 3: la disposizione condiziona all’accertamento della «responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia … ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave»

  • non soltanto la cessazione de «le tutele di cui al presente capo»,
  • ma, apparentemente, anche la «irroga[zione] di una sanzione disciplinare.»

Mentre il primo effetto ricalca quanto attualmente previsto dall’art. 1, co. 9, della l. 30 novembre 2017, n. 179, il secondo effetto differisce assai da quanto attualmente previsto dall’art. 6, co. 2-bis, lett. d), ultimo inciso, che prevede, più semplicemente e direttamente, “sanzioni [disciplinari] nei confronti … di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate”, a prescindere dall’accertamento giudiziale di tale infondatezza, ferme soltanto le garanzie, procedurali e sostanziali, dell’art. 7 della l. 20 maggio 1970, n. 300.

Si ritiene che l’attuale previsione in materia di irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti del segnalante per dolo o colpa grave (art. 6, co. 2-bis, lett. d), ultimo inciso) sia più congrua e proporzionata e non meriti perciò di essere modificata come previsto dalla disposizione dello Schema in commento: in effetti il differimento dell’esercizio del potere disciplinare all’esito di un procedimento penale o civile non è imposto dal recepimento della direttiva 2019/1937 e pare davvero eccessivo rispetto alle esigenze di tutela del segnalante, già ampiamente presidiate dal successivo art. 17 dello Schema.” (AODV231, Osservazioni allo “Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 …”)

“È auspicabile un’interpretazione dell’art. 16, comma 3, d.lgs. 24/2023 che non subordini il potere disciplinare del datore di lavoro, nei casi di segnalazione infondata per dolo o colpa grave, all’accertamento giudiziale di tali circostanze, in linea con le previsioni della L. 179/2017 e con una lettura costituzionalmente orientata della norma (segnatamente, alla luce del fondamento del potere disciplinare di cui all’art. 2106 c.c. da rinvenirsi nell’art. 41 Cost.); invero, il differimento dell’esercizio del potere disciplinare all’esito di un procedimento penale o civile non è imposto dalla Direttiva 2019/1937 e pare eccessivo rispetto alle esigenze di tutela del segnalante già ampiamente presidiate dall’art. 17, d.lgs. 24/2023.” (AODV231, Osservazioni interlocutorie cit.)

“Opzione scelta – Non accolta – Dall’interpretazione letterale di tale norma si desume quindi che una sanzione disciplinare è irrogata quando sia accertata, anche con sentenza di primo grado: a) la responsabilità penale del segnalante o denunciante per i reati di diffamazione o di calunnia oppure b) in caso di responsabilità civile, per lo stesso titolo, per dolo o colpa grave. In base a tale interpretazione non sembra quindi che possa prescindersi dall’accertamento in sede penale e civile per l’irrogazione della sanzione disciplinare.” (ANAC, Relazione AIR su Osservazioni allo Schema di Linee Guida, p. 30)

Art. 21. Sanzioni

1.Fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie: ….

c) da 500 a 2.500 euro, nel caso di cui all’articolo 16, comma 3, salvo che la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.

“Art. 21, co. 2: ……, riteniamo che la disposizione dovrebbe essere integrata prescrivendo la previsione, “nel sistema disciplinare adottato ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera e) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”, anche di “sanzioni nei confronti di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate”, come ora opportunamente previsto dall’art. 6, co. 2-bis, lett. d), d.lgs. 231/01, inserito dell’art. 2, co. 1, l. 30 novembre 2017, n. 179.” (AODV231 Osservazioni allo “Schema di decreto legislativo cit.)

Tali osservazioni sono state recepite dal legislatore introducendo la lettera c) del primo comma dell’art. 21, che prevede che “l’ANAC applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie: …… c) da 500 a 2.500 euro, nel caso di cui all’articolo 16, comma 3, salvo che la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.”

Resta, tuttavia, l’importante nodo interpretativo già analizzato commentando l’art. 16, co. 3.

Art. 16. Condizioni per la protezione della persona segnalante

4.La disposizione di cui al presente articolo si applica anche nei casi di segnalazione o denuncia ….. o divulgazione ….. anonime, se la persona segnalante è stata successivamente identificata e ha subito ritorsioni, ……..

L’ammissibilità di segnalazioni anonime è riconosciuta nel nostro ordinamento, a determinate condizioni, dalla giurisprudenza lavoristica (Cass., Sez. Lav., 29/10/2021 n. 30.809; id., 4/12/2017, n. 28.974; id., 14/3/2013, n. 6501; ecc.), dalle Linee Guida di Confindustria 2021 e dal Parere 1/2006 dell’Articolo 29 – Gruppo per la tutela dei dati personali (oggi EDPB).

Peraltro, salvo il caso della successiva identificazione, la tutela “non si applica, per definizione, alle segnalazioni anonime essendo preordinata a tutelare il segnalante da rischi di ritorsioni.” (Assonime, Circolare n. 12 /2023, cit.; cfr. anche, nello stesso senso, TAR Lazio, Sez. II, 13/7/2022, n. 10.400)

Peraltro, secondo Confindustria, “i modelli organizzativi possono contemplare anche canali per effettuare segnalazioni in forma anonima” (Linee guida per la costruzione dei modelli … , p. 60; nello stesso senso, apparentemente, Fondazione Nazionale dei Commercialisti, Nuova disciplina del whistleblowing …, p. 11). “per contenere [“il rischio di alimentare denunce infondate e mere doglianze”] … si può prevedere che esse siano documentate adeguatamente ovvero rese con dovizia di particolari e «in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati»” (Linee guida per la costruzione dei modelli … , p. 60).

In ogni caso, “le procedure interne di denuncia debbano essere concepite in modo da non incoraggiare la delazione anonima come mezzo ordinario per segnalare un’irregolarità.” (Parere 1/2006 dell’Articolo 29)

                                                                                       “2.2 Le segnalazioni anonime e la loro trattazione

Le segnalazioni dalle quali non è possibile ricavare l’identità del segnalante sono considerate anonime.

I soggetti del settore pubblico e del settore privato considerano le segnalazioni anonime ricevute attraverso i canali interni alla stregua di segnalazioni ordinarie, …… “è necessario, quindi, che … gli enti chiariscano bene, sul sito istituzionale e anche nella stessa pagina della piattaforma dedicata, quali sono le diverse conseguenze in caso di segnalazioni ordinaria e di whistleblowing.

In ogni caso, il segnalante …. anonimo, successivamente identificato, che ha comunicato ad ANAC di aver subito ritorsioni può beneficiare della tutela che il decreto garantisce a fronte di misure ritorsive. Gli enti del settore pubblico o privato che ricevono le segnalazioni attraverso canali interni …. sono, quindi, tenuti a registrare le segnalazioni anonime ricevute e conservare la relativa documentazione secondo i criteri generali di conservazione degli atti …. rendendo così possibile rintracciarle, nel caso in cui il segnalante … comunichi ad ANAC di aver subito  misure ritorsive a causa di quella segnalazione … anonima.” (Linee Guida ANAC, p. 33 s. e 41)

In sede di “Consultazione” dello “Schema di Linee Guida” l’AODV231 aveva “suggeri[to] una migliore esplicitazione della disciplina delle segnalazioni anonime, in particolare del significato e delle conseguenze della loro equiparazione a «segnalazioni ordinarie …» (espressione, quest’ultima, eccessivamente generica)”. Nella sua “Relazione illustrativa” alla versione definitiva delle Linee Guida l’ANAC afferma che (anche) la surriferita “Osservazione AODV” (tra altre sul punto) sarebbe stata “Accolta”.

In realtà – nonostante una riformulazione parzialmente migliorativa dello “Schema” – la versione definitiva delle “Linee Guida ANAC” non specifica la differenza tra le due forme di segnalazione, né indica “quali siano le diverse conseguenze in caso di segnalazioni ordinarie e di whistleblowing”. Sicché non è dato vedere come tali nozioni ed indicazioni possono essere “chiarite bene” nei siti istituzionali e nelle piattaforme informatiche per la presentazione di segnalazioni.

Riguardo alle “conseguenze in caso di segnalazioni ordinarie”, per gli eminenti profili giuslavoristici, soccorre la lezione giurisprudenziale che, applicando estensivamente gli artt. 4 della l. 604/1966, 15 l. 300/1970 e 3, l. 108/1990, da lustri ha incluso nella nozione di licenziamento discriminatorio specificamente previsto da tali norme anche il cd. “licenziamento ritorsivo o per rappresaglia” ed agli altri atti datoriali assimilabili (cfr. infra).

Per i profili di compliance 231, le segnalazioni ordinarie potrebbero ben avere un rilievo come flussi informativi ex art. 6, co. 2, lett. d), del d.lgs. 231/2001, nella misura in cui da esse potrebbero emergere, direttamente o indirettamente, “eventuali situazioni che possono esporre l’azienda a rischio di reato nonché di ogni altra informazione attinente all’attuazione del modello”.

Art. 17. Divieto di ritorsione

1. …… le persone di cui all’articolo 3 non possono subire alcuna ritorsione. 


Art. 2. Definizioni

1. Ai fini del presente decreto, si intendono per:
…….

m)«ritorsione»: qualsiasi comportamento, atto od omissione, anche solo tentato o minacciato, posto in essere in ragione della segnalazione, della denuncia …. o della divulgazione …. e che provoca o può provocare alla persona segnalante o alla persona che ha sporto la denuncia, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto;

“La definizione di «ritorsione» è molto ampia, rientrandovi … anche il tentativo attuato o la minaccia di ritorsione. Inoltre, il danno ingiusto provocato può essere anche indiretto.” (Assonime, Circolare n. 12 del 18/4/2023, La nuova disciplina del whistleblowing). A proposito cfr. Anac, Delibera n. 72 del 14 febbraio 2024, https://www.aodv231.it/novita/whistleblowing-e-comportamenti-ritorsivi/

“Onde evitare estensioni strumentali della nozione di “ritorsione””, sarebbe opportuno sostituire l’espressione “in ragione della segnalazione” con l’espressione “in conseguenza della segnalazione”; d’altra parte proprio questa è la formulazione adottata dall’art. 5, n. 11), della direttiva 2019/1937.” (AODV231, Osservazioni allo “Schema di decreto legislativo cit.)

“È necessario un rapporto di consequenzialità tra segnalazione, … e le misure ritorsive subite. …. Deve esserci uno stretto collegamento tra la segnalazione, … e il comportamento/atto/omissione sfavorevole subito, direttamente o indirettamente, dalla persona segnalante …, affinché si configuri una ritorsione …” (Linee Guida ANAC, p. 65 s.)

Sulla necessità di un rapporto di consequenzialità tra segnalazioni e misure ritorsive, cfr. da ultimo ancora Cass. Civ., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715, per cui è “legittimo il licenziamento per … [un] comportamento [del lavoratore laddove manchi] ogni collegamento causale tra lo stesso [licenziamento] e la segnalazione ai sensi [della disciplina del whistleblowing]”.


Art. 19. Protezione dalle ritorsioni

3. Gli atti assunti in violazione dell’articolo 17 sono nulli. 

Art. 24. Disposizioni transitorie e di coordinamento

3.L’articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604 è sostituito dal seguente: «Art. 4. – Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza a un sindacato, dalla partecipazione ad attività sindacali o conseguente all’esercizio di un diritto ovvero alla segnalazione, alla denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o alla divulgazione pubblica effettuate ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, è nullo.». 

Peraltro già da decenni la giurisprudenza giuslavoristica ha riconosciuto in generale:

  • che “Il divieto di licenziamento discriminatorio – sancito dall’art. 4 della legge n. 604 del 1966, dall’art. 15 della legge n. 300 del 1970 e dall’art. 3 della legge n. 108 del 1990 – è suscettibile di interpretazione estensiva sicché l’area dei singoli motivi vietati comprende anche il licenziamento per ritorsione o rappresaglia, che costituisce cioè l’ingiusta e arbitraria reazione, …con conseguente nullità del licenziamento, quando il motivo ritorsivo sia stato l’unico determinante …” (Cass., 18/03/2011, n. 6282; conformi Cass., 08/08/2011, n. 17.087; Cass., 03/12/2015, n. 24.648, e, da ultimo, Cass., 09/01/2024, n. 741, per cui “Nella giurisprudenza di questa Corte, il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta, è considerato un «licenziamento nullo quando il motivo ritorsivo, come tale illecito, sia stato 1’unico determinante dello stesso, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1418, secondo comma, e degli artt. 1345 e 1324 c.c.”)
  • e che “Il principio affermato in tema di licenziamento … ritorsivo … è da ritenersi valido anche in materia di trasferimenti” (Cass., 25/05/2004, n. 10.047), di “mutamento di mansioni” (Cass., 05/08/2010, n. 18.283) ecc.

In base a tali premesse generali, la stessa giurisprudenza giuslavoristica ha da tempo affermato, in particolare, che “In tema di licenziamento, non integra giusta causa o giustificato motivo soggettivo la condotta del lavoratore che denunci all’autorità giudiziaria competente fatti di reato commessi dal datore di lavoro, a meno che non risulti il carattere calunnioso della denuncia o la consapevolezza della insussistenza dell’illecito, e sempre che il lavoratore si sia astenuto da iniziative volte a dare pubblicità a quanto portato a conoscenza delle autorità competenti.” (Cass., Sez. Lav., 26/09/2017, n. 22.375; conformi Cass., Sez. Lav., 18/01/2019, n. 1379; Cass., Sez. Lav., 31/05/2022, n. 17.689, con specifico riferimento alla “[in]giustificatezza del licenziamento del dirigente”; cfr. anche, da ultimo, Cass. Pen., Sez. V, 07/03/2022, n. 17784 e Cass. Pen., Sez. V, 26/10/2023, n. 43383). Cfr. anche Cass. civ., Sez. lavoro, 11/07/2023, n. 19621, per cui “È illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore – con diritto alla reintegra ex art. 18, comma 4, L. n. 300/1970 – per avere criticato il datore di lavoro in un ricorso giudiziale volto all’ottenimento di differenze retributive …”

Per un quadro della giurisprudenza nazionale in materia di diritto di critica del lavoratore e suoi limiti, cfr. https://www.lavorosi.it/rapporti-di-lavoro/licenziamenti-individuali/il-diritto-di-critica-del-lavoratore-la-posizione-assunta-negli-anni-dalla-giurisprudenza/

Nella giurisprudenza comunitaria, cfr., da ultimo, per tutte, CEDU, Sez. II, 20 febbraio 2024, n. 48340/20, D. c. Turchia, che ha ritenuto in violazione de “l’articolo 10 (libertà di espressione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo … il licenziamento [di un lavoratore] per aver inviato un’e-mail in cui si criticava un dirigente della banca [datrice di lavoro]”

Art. 17. Divieto di ritorsione

2.Nell’ambito di procedimenti giudiziari o amministrativi o comunque di controversie stragiudiziali aventi ad oggetto l’accertamento dei comportamenti, atti o omissioni vietati ai sensi del presente articolo ……, si presume che gli stessi siano stati posti in essere a causa della segnalazione, della divulgazione …. o della denuncia …… L’onere di provare che tali condotte o atti sono motivati da ragioni estranee alla segnalazione, alla divulgazione …. o alla denuncia è a carico di colui che li ha posti in essere.
3. In caso di domanda risarcitoria ……, se tali persone dimostrano di aver effettuato, ai sensi del presente decreto, una segnalazione, una divulgazione … o una denuncia …… e di aver subito un danno, si presume, salvo prova contraria, che il danno sia conseguenza di tale segnalazione, divulgazione …… o denuncia ……. 

“Il legislatore ha previsto un’inversione dell’onere probatorio stabilendo che laddove il whistleblower dimostri di avere effettuato una segnalazione, … e di aver subito, a seguito della stessa, una ritorsione, l’onere della prova si sposta sulla persona che ha posto in essere la presunta ritorsione.

La ritorsione non sussiste, ad esempio, allorquando la misura contestata dal segnalante, … sia motivata da ragioni estranee alle stesse, ovvero laddove risulti che la presunta ritorsione sia stata adottata non solo nei confronti del whistleblower ma anche di altri soggetti che non hanno presentato segnalazioni, …. Inoltre, l’intento ritorsivo potrebbe non sussistere anche nella circostanza in cui il presunto responsabile abbia tenuto il medesimo comportamento anche in epoca antecedente alla segnalazione.” (Linee Guida ANAC, p. 68)

Invece, nel quadro normativo generale, “per affermare il carattere ritorsivo e quindi la nullità del provvedimento espulsivo, in quanto fondato su un motivo illecito, occorre specificamente dimostrare, con onere a carico del lavoratore, che l’intento discriminatorio e di rappresaglia per l’attività svolta abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso” (così, paradigmaticamente, Cass. civ., Sez. lav., 14/07/2005, n. 14.816; conformi id., 23/03/2018, n 7295; id., 16/08/2018, n. 20742; id., 07/11/2018, n. 28453; id., 04/04/2019, n. 9468; id., 02/10/2020, n. 21.194; e, da ultimo, id., 07/03/2023, n. 6838, id., 09/01/2024, n. 741, id., 09/05/2024, n. 12.688), dovendosi “escludere ogni giudizio comparativo fra le diverse ragioni causative del recesso, ossia quelle riconducibili ad una ritorsione e quelle connesse, oggettivamente, ad altri fattori idonei a giustificare il licenziamento (Cass. n. 21465 del 2022Cass. n. 21465 del 2022Cass. n. 26395 del 2022Cass. n. 6838 del 2023 cit.).” (così precisa, da ultimo, Cass., Sez. Lav., 09/05/2024, n. 12.688, cui adde id., 09/01/2024, n. 741).

L’innovatività dell’art. 17, commi 2 e 3, d.lgs. 24/2023, peraltro, si stempera, considerando quella giurisprudenza che già in passato precisava che “L’onere di provare il carattere ritorsivo del recesso grava sul lavoratore; tuttavia il giudice di merito può valorizzare a tal fine tutto il complesso degli elementi acquisiti al giudizio, …., ove tali elementi, da soli o in concorso con altri, nella loro valutazione unitaria e globale consentano di ritenere raggiunta, anche in via presuntiva, la prova del carattere ritorsivo del licenziamento.” (Cass. civ., Sez. Lav., 23/09/2019, n. 23.583; conformi, id.,17/06/2020, n. 11705; id., 28/10/2021, n. 30.574; e,  da ultimo, id., 09/01/2024, n. 741, per cui “”l’onere della prova della esistenza di un motivo di ritorsione del licenziamento e del suo carattere determinante la volontà negoziale grava sul lavoratore che deduce ciò in giudizio” e che si tratta “di prova non agevole, sostanzialmente fondata sulla utilizzazione di presunzioni, tra le quali presenta un ruolo non secondario anche la dimostrazione della inesistenza del diverso motivo addotto a giustificazione del licenziamento o di alcun motivo ragionevole””. Cfr. anche id., 08/03/2024, n. 6275, in materia del demansionamento).

Inoltre, “L’allegazione, da parte del lavoratore, del carattere ritorsivo del licenziamento intimatogli non esonera il datore di lavoro dall’onere di provare, ex art. 5 della legge n. 604 del 1966, l’esistenza di giusta causa o giustificato motivo del recesso. Solo ove tale prova sia stata almeno apparentemente fornita, incombe sul lavoratore l’onere di dimostrare l’illiceità del motivo unico e determinante che si cela dietro il negozio di recesso (ovvero l’intento ritorsivo).” (Cass., Sez. lav., 14/03/2013, n. 6501; id., 17/11/2017, n. 27.325; id., 17/10/2018, n. 26035, nonché, da ultimo, id., 09/05/2024, n. 12.688)

“Questa presunzione opera solamente a favore del segnalante e non anche a vantaggio del facilitatore e dei soggetti ad esso assimilati” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 26)

4.Di seguito sono indicate talune fattispecie che, qualora siano riconducibili all’articolo 2, comma 1, lettera m), costituiscono ritorsioni:

a) il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;

b) la retrocessione di grado o la mancata promozione;

c) il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;

d) la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;

e) le note di merito negative o le referenze negative;

f) l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;

g) la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;

h) la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;

i) la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;

l) il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;

m) i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;

n) l’inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l’impossibilità per la persona di trovare un’occupazione nel settore o nell’industria in futuro;

o) la conclusione anticipata o l’annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi;

p) l’annullamento di una licenza o di un permesso;

q) la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.

“La norma fornisce un elenco delle possibili fattispecie ritorsive …. Non esaustivo e non tassativo” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 25).

“Art. 17, co. 4, lett. b): onde disincentivare strumentalizzazioni basate su mere illazioni, sarebbe opportuno qualificare l’ipotesi de «la mancata promozione» negli stessi termini opportunamente previsti dalla successiva lett. i) per l’ipotesi de «la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato»; cioè aggiungendo anche con riferimento a «la mancata promozione» l’inciso qualificatorio «laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta promozione».

Art. 17, co. 4, lett. h): l’ipotesi di chiusura riferita a «comunque il trattamento sfavorevole» pare eccessivamente generica e perciò suscettibile di interpretazioni ed applicazioni del tutto discrezionali, se non addirittura arbitrarie.

Art. 17, co. 4, lett. l): onde disincentivare strumentalizzazioni basate su mere illazioni, sarebbe opportuno qualificare l’ipotesi de «il mancato rinnovo» negli stessi termini opportunamente previsti dalla precedente lett. i) per l’analoga ipotesi de «la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato»; cioè aggiungendo anche con riferimento a «il mancato rinnovo» l’inciso qualificatorio «laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detto rinnovo».” (AODV231, Osservazioni allo “Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 …”)


Art. 19. Protezione dalle ritorsioni

3. ……Le persone di cui all’articolo 3 che siano state licenziate a causa della segnalazione, della divulgazione ….. o della denuncia ….. hanno diritto a essere reintegrate nel posto di lavoro, ai sensi dell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 o dell’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, in ragione della specifica disciplina applicabile al lavoratore.

4.L’autorità giudiziaria adita adotta tutte le misure, anche provvisorie, necessarie ad assicurare la tutela alla situazione giuridica soggettiva azionata, ivi compresi il risarcimento del danno, la reintegrazione nel posto di lavoro, l’ordine di cessazione della condotta posta in essere in violazione dell’articolo 17 e la dichiarazione di nullità degli atti adottati in violazione del medesimo articolo. 

“… la nuova, recentissima, normativa, stando alla prospettazione difensiva attorea, non necessiterebbe del requisito del periculum in mora o lo richiederebbe in modo attenuato …” (così, in motivazione, Trib. Milano, Sez. Lav., 20/08/2023, senza pronunciarsi sul punto ritenendo che si tratti di fattispecie non ancora soggetta alla applicabilità del d.lgs. 24/2023)


Art. 19. Protezione dalle ritorsioni

1. Gli enti e le persone di cui all’articolo 3 possono comunicare all’ANAC le ritorsioni che ritengono di avere subito. …….. In caso di ritorsioni commesse nel contesto lavorativo di un soggetto del settore privato l’ANAC informa l’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza.

2. Al fine di acquisire elementi istruttori indispensabili all’accertamento delle ritorsioni, l’ANAC può avvalersi, per quanto di rispettiva competenza, della collaborazione ….. dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ferma restando l’esclusiva competenza dell’ANAC in ordine alla valutazione degli elementi acquisiti e all’eventuale applicazione delle sanzioni amministrative di cui all’articolo 21. …….

Tra i più recenti provvedimenti dell’Anac su casi di ritorsione, cfr.

Delibera n. 72 del 14 febbraio 2024, con “Oggetto: Presunte misure ritorsive subìte a seguito di segnalazione di illeciti ….. – Procedimento sanzionatorio ex art. 54-bis co. 6 primo periodo del d.lgs. 165/2001”, in https://www.aodv231.it/novita/whistleblowing-e-comportamenti-ritorsivi/

Delibera n. 166 del 26 marzo 2024, con “Oggetto: Comune di Verbania – provvedimento di revoca dell’incarico di Segretario Comunale” “Anac chiede il riesame per ‘fumus di correlazione’”, in https://www.anticorruzione.it/-/delibera-n.-166-del-26-marzo-2024

https://www.anticorruzione.it/-/delibera-n.-166-del-26-marzo-2024


Art. 21. Sanzioni

1. Fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

a) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla …;

Tale sanzione si applica, in particolare, a “la persona fisica individuata come responsabile … [della] ritorsione” (Linee Guida ANAC, p. 88)

Art. 20. Limitazioni della responsabilità

1. Non è punibile l’ente o la persona …. che riveli o diffonda informazioni sulle violazioni coperte dall’obbligo di segreto, ….., o relative alla tutela del diritto d’autore o alla protezione dei dati personali ovvero ….. che offendono la reputazione della persona coinvolta ….., quando, ……, vi fossero fondati motivi per ritenere che la rivelazione ….. fosse necessaria per svelare la violazione e la segnalazione, …… è stata effettuata ai sensi dell’articolo 16.

2.Quando ricorrono le ipotesi di cui al comma 1, è esclusa altresì ogni ulteriore responsabilità, anche di natura civile o amministrativa.

3.Salvo che il fatto costituisca reato, l’ente o la persona di cui all’articolo 3 non incorre in alcuna responsabilità, anche di natura civile o amministrativa, per l’acquisizione delle informazioni sulle violazioni o per l’accesso alle stesse.

4.In ogni caso, la responsabilità penale e ogni altra responsabilità, anche di natura civile o amministrativa, non è esclusa per i comportamenti, gli atti o le omissioni non collegati alla segnalazione, …… o che non sono strettamente necessari a rivelare la violazione. 

                                                                                                                                                              Art. 3 l. 30/11/2017, n. 179 [abrogato]

1.Nelle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nelle forme e nei limiti di cui all’articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e all’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, come modificati dalla presente legge, il perseguimento dell’interesse all’integrità delle amministrazioni, pubbliche e private, nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni, costituisce giusta causa di rivelazione di notizie coperte dall’obbligo di segreto di cui agli articoli 326, 622 e 623 del codice penale e all’articolo 2105 del codice civile.

A proposito, cfr.

                                                                                                                                                             “6.3. Le limitazioni di responsabilità per il segnalante

Ulteriore tutela riconosciuta dal Decreto al segnalante è la limitazione della sua responsabilità rispetto alla rivelazione e alla diffusione di alcune categorie di informazioni, che altrimenti lo esporrebbero a responsabilità penali, civili e amministrative.

Il Decreto pone tuttavia due condizioni all’operare delle suddette limitazioni di responsabilità:

1) al momento della rivelazione o della diffusione vi siano fondati motivi per ritenere che le informazioni siano necessarie per svelare la violazione oggetto di segnalazione;

2) la segnalazione sia effettuata nel rispetto delle condizioni previste dal Decreto per beneficiare della tutela contro le ritorsioni (fondati motivi per ritenere veritieri i fatti segnalati, la violazione sia tra quelle segnalabili e siano rispettate le modalità e le condizioni di accesso alla segnalazione).

Va evidenziato, quindi, che la limitazione opera se le ragioni alla base della rivelazione o diffusione non sono fondate su semplici illazioni, gossip, fini vendicativi, opportunistici o scandalistici. In ogni caso, occorre considerare che non è esclusa la responsabilità per condotte che: non siano collegate alla segnalazione; non siano strettamente necessarie a rivelare la violazione; configurino un’acquisizione di informazioni o l’accesso a documenti in modo illecito.

Ove l’acquisizione si configuri come un reato, si pensi all’accesso abusivo a un sistema informatico o a un atto di pirateria informatica, resta ferma la responsabilità penale e ogni altra responsabilità civile, amministrativa e disciplinare della persona segnalante. Sarà viceversa non punibile, ad esempio, l’estrazione (per copia, fotografia, asporto) di documenti cui si aveva lecitamente accesso.” (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 27)

In giurisprudenza cfr., nello stesso senso, Cass. Pen., Sez. V, 21/05/2018, n. 35.792 e Corte Appello Brescia, Sez. lav., 21/06/2017, n. 65. per cui “Pur in presenza dell’art. 54-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 165/2001, il whistleblower non può spingersi al punto da svolgere indagini sull’operato di colleghi che prestano servizio presso settori diversi dell’ente, allo scopo di suffragare le denunce già inoltrate, peraltro, agli organi dell’ente stesso che sono deputati alla prevenzione degli illeciti.”; conforme, da ultimo, Cass. Civ., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715, per cui “la scriminante di cui all’art. 54-bis può essere estesa fino a ricomprendere l’ipotesi del lavoratore che effettui di propria iniziativa indagini e violi la legge per raccogliere prove di illeciti nell’ambiente di lavoro, operando la stessa solo nei confronti di chi segnala notizie di un’attività illecita senza che sia ipotizzabile una tacita autorizzazione a improprie e illecite azioni di indagine.   … Emerge, all’evidenza, come la normativa citata si limiti a scongiurare conseguenze sfavorevoli, limitatamente al rapporto di impiego, per il segnalante che acquisisca, nel contesto lavorativo, notizia di un’attività illecita, mentre non fonda alcun obbligo di attiva acquisizione di informazioni, autorizzando improprie attività investigative, in violazione dei limiti posti dalla legge (cfr. Cass. Pen., sez. V, 21 maggio 2018, n. 35792).”; apparentemente contra Cass., Sez. Lav., 22/05/2023, n. 14.093, per cui “… la segnalazione ex art. 54-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 (c.d. «whistleblowing») sottrae alla reazione disciplinare del soggetto datore tutte quelle condotte che, per quanto rilevanti persino sotto il profilo penale, siano funzionalmente correlate alla denuncia dell’illecito …” In materia risarcitoria, cfr. anche Cass. civ., Sez. III, 28/12/2023, n. 36.266 e, da ultimo, Trib. Asti, Sez. Civ., 28 maggio 2024, n. 381, In NT+Diritto, 1° luglio 2024, in materia di esercizio del diritto di critica e pubblicazione on-line di un video del tutto privo del requisito della “continenza, intesa come correttezza formale dell’esposizione e non eccedenza dei limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse”.

Art. 21. Sanzioni

2.I soggetti del settore privato di cui all’articolo 2, comma 1, lettera q), numero 3), prevedono nel sistema disciplinare adottato ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera e), del decreto n. 231 del 2001, sanzioni nei confronti di coloro che accertano essere responsabili degli illeciti di cui al comma 1.
1. Fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
a) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza di cui all’articolo 12;
b) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle di cui agli articoli 4 e 5, nonché quando accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute;
c) da 500 a 2.500 euro, nel caso di cui all’articolo 16, comma 3, salvo che la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile. 

                                                                                                                                                                            “1. I poteri sanzionatori di ANAC. Le diverse fattispecie sottoposte a sanzione

Ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 24/2023, ANAC applica al responsabile, sia nel settore pubblico che nel settore privato, le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

a) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che la persona fisica individuata come responsabile abbia commesso ritorsioni;

c) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che la persona fisica individuata come responsabile abbia violato l’obbligo di riservatezza di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 24/2023;

f) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute; in tal caso responsabile è considerato il gestore delle segnalazioni;

“ … le LG ANAC nell’ottica di individuarne il soggetto destinatario distinguono, per le varie fattispecie, tra persona fisica e giuridica ritenuta responsabile e quindi destinataria della sanzione. (Confindustria, Guida Operativa cit., p. 31 s.)

Compatibilmente con le disposizioni previste dal d.lgs. n. 24/2023, trova applicazione la L. n. 689/1981. (Linee Guida ANAC, p. 87) [l. 24/11/1981, Art. 6 (Solidarietà) “Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica …., nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica … è obbligata in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta. Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione.”

Art. 22. Rinunce e transazioni

1.Le rinunce e le transazioni, integrali o parziali, che hanno per oggetto i diritti e le tutele previsti dal presente decreto non sono valide, salvo che siano effettuate nelle forme e nei modi di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile.

                                                                                                                                                                                    “Approfondimenti ….. – Il divieto di rinunce e transazioni

Il divieto di rinunce e transazione è un principio innovativo, in quanto nella precedente normativa mancava una disposizione espressa che impedisse la restrizione, anche contrattuale, del diritto alla segnalazione e delle forme di tutele previste. … Occorre tuttavia precisare che quanto sopra detto non vale invece per le rinunce e transazioni sottoscritte in sedi protette (giudiziarie, amministrative sindacali).” (Linee Guida ANAC, p. 49)

Peraltro “L’art. 2113 ultimo comma c.c. consente, in sede protetta, le rinunce ai diritti già maturati in conseguenza di violazioni realizzate prima e fuori da quella sede, ma non gli atti regolativi in contrasto con norme imperative.” (Cass. civ., Sez. lav., 01/03/2022, n. 6664)

Art. 24. Disposizioni transitorie e di coordinamento

1.Le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023. Alle segnalazioni o alle denunce all’autorità giudiziaria o contabile effettuate precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché a quelle effettuate fino al 14 luglio 2023, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, all’articolo 6, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legislativo n. 231 del 2001 e all’articolo 3 della legge n. 179 del 2017. 

“Reputa chi scrive, pur nella consapevolezza, ad oggi, dell’ovvia assenza di precedenti in materia, che la norma, facente parte delle disposizioni transitorie di collegamento del decreto, non sia di natura processuale. Ne deriva che, …, non trova applicazione il principio «tempus regit actum» posto che la stessa disposizione in commento chiarisce a partire da quale momento «segnalazioni» e «denunce» (dunque non procedimenti) saranno sussumibili alla sua disciplina.” (Trib. Milano, Sez. Lav., 20/08/2023)

5. All’articolo 6, del decreto legislativo n. 231 del 2001, il comma 2-bis è sostituito dal seguente: «2-bis. I modelli di cui al comma 1, lettera a), prevedono, ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2019/1937 ….., i canali di segnalazione interna, il divieto di ritorsione e il sistema disciplinare, adottato ai sensi del comma 2, lettera e).». 

CASI GIURISPRUDENZIALI RECENTI

di particolare rilievo pratico

Tribunale Roma, II Sez. Lav., 14/03/2023, est. dott.ssa A. Colli;

Tribunale Roma, I Sez. Lav., 14/02/2024, nn. 1869 e 1870, est. dott.ssa C. Pangia;

Cass., Sez. Lav., 09/05/2024, n. 12.688;

Cass., Sez. Lav., 27/06/2024, n. 17.715.

Fonte: Lavorosì https://www.lavorosi.it/rapporti-di-lavoro/riservatezza/whistleblowing-e-diritto-del-lavoro-lanalisi-della-piu-recente-giurisprudenza-e-prassi-operativa/

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