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Tante normative e tanti organi giudicanti: la privacy nei luoghi di lavoro come un valore “diversamente” tutelato 

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La tutela della riservatezza, anche nei luoghi di lavoro, trova una sua fonte fondamentale nel Regolamento sulla protezione dei dati personali, di cui è custode primo e specialistico l’Autorità garante. 

Occorre tuttavia assumere piena consapevolezza del fatto che sempre più vengono in rilievo altri canali di produzione di decisioni in materia.

Ci si riferisce, in particolare, alla Corte di cassazione, e precipuamente alla sua Sezione lavoro, che recentemente ha emanato rilevanti provvedimenti, occasionati dal crescente impiego di tecnologie e sistemi che consentono forme (magari non trasparenti) di controllo sui lavoratori.

Questo accade per riflesso di numerose fonti e, conseguentemente, disposizioni che della salvaguardia della privacy si preoccupano.

Una di queste, meno conosciuta di altre, è rappresentata dalla  Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che, come sottolineato anche dalla nostra Corte costituzionale, in veste di trattato internazionale comporta per l’Italia i seguenti vincoli: – obbligo di adeguare la propria legislazione ai principi della Convenzione; – obbligo di adeguarsi a tali principi nei significati ad essi attribuiti dalla la Corte europea dei diritti dell’uomo istituita direttamente dalla Convenzione (art. 19).

A fronte di vincoli che trovano fondamento nell’art. 117, comma 1, della Carta costituzionale (“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti … dagli obblighi internazionali”), riveste grande importanza la giurisprudenza della predetta Corte sull’art. 8 della Convenzione: “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”.  

La Corte, semplificando al massimo quanto da essa più ampiamento argomentato,  ha fatto rientrare   nella salvaguardia della “vita privata” anche le telefonate effettuate o ricevute nei locali dell’impresa-datrice di lavoro, le e-mail inviate dal luogo di lavoro, l’utilizzo di internet aziendale (fra le altre, sentenza Barbulesco c. Romania del 5 settembre 2017; sentenza Lòpez Ribalda c. Spagna del 17 ottobre 2019).

Non può, pertanto, meravigliare la sentenza della Corte di cassazione del 29 agosto 2025, n.24204/Sezione lavoro che, rifacendosi alle disposizioni della Convenzione come interpretate dalla Corte europea, ha confermato la sentenza della Corte di appello di Milano portatrice della tesi  della violazione della privacy senza sentire la necessità di effettuare ulteriori verifiche  a stregua di altre fonti.

Molte Carte: oltre alla Convenzione,  si pensi alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che configura il diritto alla privacy come un diritto fondamentale.

Molti Giudici: oltre ai Giudici nazionali e alla Corte europea dei diritti dell’uomo, si pensi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, che ovviamente si occupa anche di privacy.  

Un complesso insieme di normative e organi giudicanti all’interno del quale è difficile districarsi? Questo è vero.

Sarebbe tuttavia eccessivo pensare che giuste istanze di reperimento di informazioni siano sempre e comunque destinate a restare insoddisfatte, fermo restando che possono darsi situazioni che appaiono ingiuste da un punto di vista sostanziale:  nel caso trattato dalla Corte di cassazione, è emersa l’impossibilità di giustificare i licenziamenti tramite l’accesso alle comunicazioni mail che, essendo stato ritenuto illegittimo l’accesso, sono  risultate inutilizzabili.

Eppure,  a quanto è dato comprendere dalla lettura della sentenza, le mail confermavano la concorrenza sleale posta in essere dai lavoratori.

Anche la seconda parte dell’art. 8 della Convenzione evidenzia elementi e condizioni che possono rendere legittimo l’accesso ad informazioni riguardanti i dipendenti, come elementi e condizioni con tale capacità sono presenti nella normativa dell’Unione europea in materia.

 Il punto è che avvalersene, anche con piena consapevolezza dei limiti che comunque si incontrano nel bilanciamento dei diversi interessi, richiede conoscenze e peculiari competenze tecniche nell’ambito di un settore in cui operano più fonti sovranazionali e diverse normative nazionali e ciò in scenari di profondi cambiamenti scientifici e tecnologici con inusitate potenzialità e con conseguenti nuove problematiche nei rapporti con i diversi quadri normativi (non sempre ben coordinati).

 

 

  • WST_Angelo Pandolfo

    Angelo è Partner del dipartimento Labour Law. È Avvocato Cassazionista, specializzato in diritto del lavoro e sindacale e diritto della previdenza sociale.

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